Nel saggio del 1980, di Michel Mahoney, intitolato “Psychotherapy of Personal
Revolutions”, nella seconda parte, di esso, lo psicoterapeuta americano, muoveva
sei punti di critica,alla psicoterapia cognitiva,cosidetta “standard” (Semerari, 2002).
Tra i più importanti, ve ne erano tre (3):
A.La psicoterapia “standard” assegna un ruolo determinante al pensiero, con un’
insufficiente considerazione degli aspetti emotivi, considerati come sottoprodotto del
pensiero;
B.Essa si rifà a valutazioni dei processi cognitivi basati su un modello sensoriale,
comportamentale, della mente, e non prospettando la stessa come motore attivo del
cambiamento, secondo quanto andavano affermando di essa, i nuovi approcci
costruttivistici(“Teoria motoria della mente”, Weimer, 1977);
B.Nella psicoterapia standard, la relazione terapeutica svolge un ruolo di supporto,
nei confronti dell’azione di cura:essa viene considerata come funzione del processo
terapeutico, non avendo, in sé e per sé, valore terapeutico, autonomo, fondante, alla
stessa stregua pari delle altre strutture terapeutiche, di base. Essa riveste, inoltre, un
ruolo pedagogico e normativo, di tipo persuasivo, non esplicativo.
Successivamente alla presa di posizione di Mahoney, si fa sempre più strada,
nell’orizzonte psicoterapeutico,l’esigenza di andare fino in fondo, nello scandagliare
i limiti rilevati dallo psicoterapeuta americano.
Così, all’interno dell’alveo cognitivo-comportamentale, si assiste allo sviluppo di
approcci terapeutici più prettamente cognitivistici, che nel ribadire il primato del
soggetto quale costruttore attivo della realtà, rivalutano il ruolo e la funzione della
relazione terapeutica nonché l’importanza delle emozioni quali fattori,
fondamentali e determinanti di cambiamento (Mahoney, 1980, Liotti, 1983, Reda &
Mahoney,1984,Markus, 1977, Lakoff,1987).
Tra di essi un ruolo di primaria importanza è rivestito dall’approccio post-razionalista
di V.Guidano, così come definito dal suo fondatore (Guidano, 1987).
Guidano critica alla radice, a livello epistemologico, il concetto di realtà e di
conoscenza così come presente nella psicoterapia cognitivo-comportamentale
cosidetta “standard”.
Per essa, la realtà è vista come costituita da un ordine esterno, oggettivo, univoco,
immutabile ed universale, nel quale è riposto il significato delle cose.
La conoscenza viene ad essere concepita come una rappresentazione che si
configura come una riproduzione più o meno contigua e prossima a detto ordine.
Lo stesso rapporto osservatore/realtà osservata è concepito in modo statico,asettico
ed oggettivizzato ed è tale, per cui
Nell’ottica “postrazionalista”, di Guidano, la realtà non è vista come un ordine
esterno, univoco,immutabile, oggettivo,valido per tutti alla stessa maniera, ma come
un incessante fluire, un continuo movimento,multidimensionale ed a più livelli :come
un “multiversum” e non un “universum” (V.Maturana, 1985).
Chi osserva non è separato, asetticamente, dalla realtà che osserva, ma è coinvolto
in essa, e la modifica introducendo un ordine che prima non esisteva.
La conoscenza, per Guidano, non è una rappresentazione della realtà, il più vicino
ed il più aderente, possibile, ad un ordine esterno, immutabile, oggettivo e valido per
tutti, ma un processo di autocostruzione del soggetto, in cui tutto ciò che viene
osservato; essa, prima di darci informazioni sulla realtà esterna, ci fornisce
informazioni essenziali sulle caratteristiche strutturali di chi osserva.
Più esattamente, la conoscenza è un processo di costruzione di significato, di tipo
autoreferenziale, con delle proprie leggi interne,che si basa sulle modalità specifiche
tramite le quali il soggetto esplica il rapporto costante e dialettico, tra la propria
esperienza immediata e l’immagine cosciente che, di ciò, viene data.
Per Guidano la conoscenza è costituita da due ordini di fattori: il primo, è il livello
di esperienza immediata, il sentirsi vivere ed il sentirsi nel mondo, il secondo
è l’immagine cosciente di sé tramite la quale il soggetto si riferisce e si spiega questo
sentirsi vivere, questo suo percepirsi, nel mondo.
Il primo ordine di fattori è definito da Guidano conoscenza tacita o di primo livello, il
secondo, conoscenza esplicita o di secondo livello.
Più esattamente, la conoscenza “tacita” o “di primo livello”, è preverbale ed
immediata, di essa, il soggetto ha scarsa consapevolezza (Polany, 1966,1969); essa
ha come oggetto, i contenuti senso-percettivi, senso-motori, emozionali, i ricordi, i
sentimenti, insomma tutto ciò che non corrisponde ad una decodificazione, di tipo
logico, secondaria.
Essa risponde alla domanda: ”che cosa proviamo e come lo proviamo?”.
E’ tutto ciò W.James, aveva chiamato l’”Io” ( W.James,1890, V.Guidano, 1991).
La conoscenza esplicita o di “secondo livello”, è, invece, logico-discorsiva, analitica
e spiega e decodifica, in termini logici, discorsivi, quanto percepito, in termini
immediati, nella conoscenza tacita:essa risponde alla domanda:“perchè noi proviamo
tutto ciò che proviamo?”.
E’ ciò che W.James aveva denominato, come il “Me” (W.James; ibidem; Guidano,
ibidem).
La conoscenza tacita e la conoscenza esplicita si trovano, tra di loro, in un rapporto
interdipendente e dialettico che dura l’intera esistenza.
All’interno di questo rapporto, giocano un ruolo fondamentale, le emozioni.
Infatti, i due concetti centrali, fondamentali, che rappresentano il fulcro della
psicoterapia post-razionalista, e,cioè, il significato personale e le organizzazioni di
significato personale, trovano la loro spiegazione e giustificazione sulla base del
primato dei processi personali emotivi su quelli logici, discorsivi, del pensiero
Per significato personale, in Guidano, è da intendersi la modalità tipicizzante con
cui viene ordinata l’esperienza, onde poter rendere consistente e stabile tutto ciò che
emerge dal processo dialettico tra i due livelli conoscitivi, sopra riferiti, al fine di
mantenere, rispettivamente, la coerenza interna e l’identità del Sé.
Esso è da considerarsi come il nucleo centrale che perimetra il tipo di coerenza
sistemica alla quale ogni organizzazione di significato personale è in obbligo di
riferirsi, durante l’intero ciclo di vita (Merigliano, 2019).
Con le parole stesse, di Guidano, (Guidano, 1992), il significato personale è “la
processualità, proattiva, progettuale, in un costante ordinamento di reti di eventi
significativi variamente correlati tra di loro, che porta avanti un’esperienza di sé e
del mondo (“I”) specificatamente riconoscibile come unitarietà e continuità del
proprio “Sé” nel tempo (“Me”)”.
L’Organizzazione di significato personale è una modalità relativamente stabile nel
tempo tramite la quale il soggetto conferisce unitarietà ai processi che concorrono
all’elaborazione del significato personale, in modo tale che egli possa mantenere la
propria coerenza interna ed il suo senso di unicità personale, al di là delle
trasformazioni che caratterizzano il suo ciclo di vita.
Essa non è un’entità categoriale, contraddistinta da specifici contenuti conoscitivi,
ma una modalità strutturante di conoscenza, caratterizzata da una certa forma, e
da certi meccanismi e proprietà, interni.
Essa è la struttura organizzativa dell’esperienza che presiede alle modalità proprie e
specifiche del soggetto tramite le quali egli fa fronte alle perturbazioni emotive
provenienti dal contesto interpersonale e le trasduce in elementi informativi,
significativi, per il suo ordine interno, dentro un quadro di coerenza.
Le Organizzazioni di significato personale sono quattro (4):fobica, depressiva, dapica
ed ossessiva.
ORGANIZZAZIONE FOBICA
L ’Organizzazione di significato personale “fobica”, si origina, nel soggetto a partire
da un eccesso di eccesso di legame con le figure genitoriali, accudienti, che, nei suoi
confronti, manifestano comportamenti eccessivamente iperpremurosi e/o troppo
protettivi, iperprotettivi.
L’emozione che domina su tutte le altre è la paura, la paura della realtà: il bambino
avverte tutto ciò che è nuovo e diverso come pericoloso,come qualcosa da scansare
e da evitare, da sfuggire, da non sperimentare e da non provare.
Il soggetto sente se stesso come soggetto fragile ed indifeso che necessità di
qualcuno vicino a lui che gli assicuri protezione e sicurezza.
Il tipo di attaccamento è insicuro-evitante (coercitivo) e resistente alla separazione
o ambivalente.
L’unità organizzativa si basa su di un equilibrio dinamico, sempre da riconquistare,
tra le due seguenti tonalità emotive, polari: da una parte, la paura, conseguente
all’avvertito bisogno di protezione da una realtà esterna, considerata come fonte di
pericoli, dall’altra,la curiosità,facente capo al suo bisogno di libertà e d’indipendenza.
L’eccessiva vicinanza alla figura protettiva provoca scompenso dovuto a costrizione;
d’altra parte, l’eccessiva libertà conduce ugualmente a scompenso perchè non è
associata a senso di autonomia e di sicurezza, garantito soltanto dalla vicinanza con
figure significative.
Le procedure di controllo si incentrano sulla prevenzione ed evitamento di situazioni
che minaccino il fondamentale senso di sicurezza e di protezione del soggetto e che
siano tali da causare livelli di perturbazione emotiva, giudicati non tollerabili dallo
stesso.
L’attitudine del soggetto, con organizzazione fobica è orientata all’ipercontrollo delle
emozioni e sensazioni che vengono da lui percepite come eventi esterni al Sé e,
quindi, come fonti di pericolosità, da disattivare.
La lettura dei propri stati emotivi, interni, è di natura fisica, corporea e sensoriale e
tende a sfociare in esiti di “somatizzazione organica”.
ORGANIZZAZIONE DEPRESSIVA
Se nell’O.F, il problema si origina da un surplus di protettività e di custodia, nei primi
anni di vita, nell’organizzazione di significato personale depressiva si verifica
esattamente il contrario. Il problema si origina, a partire da un deficit di cura, di
attenzione, di attaccamento, delle figure genitoriali nei confronti del bambino.
Il bambino percepisce negli atteggiamenti e comportamenti delle figure accudienti
una completa mancanza di attenzione, di interesse, di cura, di coinvolgimento, di
presa in carico di quelli che sono i suoi bisogni primari, affettivi.
A ragione di ciò, il bambino tende ad inibire le richieste di cura e di attenzione verso
i “caregivers” perchè è certo che esse non verranno corrisposte ed agisce in modo
tale da evitare di esternare le proprie emozioni tanto in senso positivo che negativo.
Lo stile di attaccamento è evitante.
Il suo modo di pensare si struttura su aspettative di rifiuto e di abbandono, da parte
del mondo esterno: il sentimento di sé si radica sulla propria incapacità di suscitare
interesse, attenzione e cura, negli altri ed è quello di persona sola ed allo stesso
tempo, indegna, non amabile.
A livello tacito, egli percepisce il suo rapporto con la realtà come perdita e fallimento
(Io); a livello esplicito, si spiega tutto ciò come dovuto esclusivamente alla propria
incapacità e negatività, con attribuzione causale, interna (Me).
Questo tipo di decodificazione rappresenta l’unica modalità di autoregolazione, di
base, tramite la quale egli è in grado di mantenere una propria coerenza interna.
Non potendo aspettare nulla, da parte degli altri, egli matura la convinzione che
tutto ciò che sarà da lui ottenuto sarà possibile ottenerlo solo in virtù di
un’attivazione personale ed autonoma.
Da qui, il senso molto accentuato di autonomia che lo caratterizza tale da farlo
pervenire, anche, ad esiti di “fiducia compulsiva in se stesso”.Le polarità emotive di
base entro le quali si agglomerano le altre emozioni sono quelle di disperazione
e di rabbia; la tristezza, come percezione dell’abbandono, la rabbia come reazione a
che il senso della perdita non diventi destabilizzante.
Tutte le altre emozioni, si agglomerano e trovano significatività, attorno a queste
due.
Nell’arco della vita diventa costante e strutturale, la tendenza a reagire con tristezza
e rabbia ad eventi discrepanti, anche di valore circoscritto, che vengono decodificati
, massimizzando la percezione di abbandono; tutto ciò si verifica, in particolare, nel
rapporto con le figure significative e nei rapporti affettivi, con le persone dell’altro
sesso.
Per evitare le possibili esperienze di perdita, il soggetto tende a minimizzare il
proprio coinvolgimento affettivo, fino a poterlo negare, nello stesso momento in cui
lo sta sperimentando.
In presenza di livelli di astrazione e sequenzialità, non adeguati,si possono instaurare
varie forme di scompenso: sindromi forti, di depressione, scoppi d’ira incontrollati,
stati psicotici di persecuzione.
Ed ancora: atteggiamenti sociopatici, dipendenza da alcool e da sostanze, tipi di
comportamento, fortemente autolesivi fino al suicidio (Merigliano, 2019).
ORGANIZZAZIONE OSSESSIVA
Nell’O.ossessiva, si afferma l’ambivalenza del vincolo.
Il bambino recepisce il comportamento, delle figure genitoriali, nei suoi confronti
come intrinsecamente ambivalente e contraddittorio.
Così, se il padre e la madre dapprima, si mostrano nei suoi confronti, gentili e pieni
di attenzioni, proferendo parole dolci, nei suoi confronti e facendogli carezze
affettuose, sulla guancia, e, subito dopo, mutano, di botto, registro comportamentale,
assumendo atteggiamenti e/o comportamenti punitivi, passando a rimbrotti ed a
rimproveri, anche aspri, il bambino percepisce tutto ciò come non comprensibile e
direttamente contraddittorio.
Egli inizia a strutturare un senso di sé ambivalente e dicotomico, all’interno di
un’esperienza immediata vissuta, simultaneamente, entro due contesti interpretativi,
nei quali, l’uno esclude l’altro.
Sotto un primo aspetto, egli avverte e percepisce se stesso come “buono e degno
di amore”; sotto il secondo aspetto, all’opposto, egli si riconosce come “non buono
e non degno di amore”.
Si struttura, così, in lui, la crescente necessità, in rapporto agli eventi, di acquisire
la sicurezza e la certezza che debba essere la parte di lui positiva ad avere la meglio,
sull’altra, negativa.
Il dubbio che così non si verifichi ed al tempo stesso, la necessità impellente di
acquisire dati confermativi, in tal senso, finiscono per costituire la sua tematica
problematica, di fondo.
La sua caratteristica predominante,diventa,così, l’esercizio del dubbio sistematico,
dubbio, inteso all’acquisizione di quel senso di sicurezza,che,solo,gli può permettere
permettere il controllo della realtà.
Ogni carenza inerente al bisogno assoluto di certezza è avverta come perdita totale
di controllo della realtà e può presentarsi in modo tale da innescare ed elicitare
sensazioni, percezioni, immagini e pensieri intrusivi che il soggetto non è in grado di
spiegarsi e che egli tenderà a sperimentare come qualcosa proveniente dall’esterno,
, dando origine a specifiche forme di scompenso (Più prevalentemente, disturbi di
tipo-ossessivo-compulsivo).
ORGANIZZAZIONE DAPICA
Nella organizzazione dapica, gli atteggiamenti ed i comportamenti delle figure
genitoriali, nei confronti del bambino, sono caratterizzati da ambiguità e mancanza
di trasparenza, da controllo e da formalità che prevalgono sulla tenerezza e sul
calore affettivo.
Il rapporto è di tipo “invischiato”,a motivo del quale, non si ha demarcazione di limiti
tra i componenti familiari e si determina “intrusività”, cioè un accesso del familiare,
non giustificato,dentro gli stati interni del bambino che impedisce,di fatto,il formarsi
e lo strutturarsi di un’ emotività e di un’affettività, libera ed autonoma, da parte
di quest’ultimo.
A partire da questo tipo di rapporto, il bambino non è in grado di riconoscere i
propri stati interni e sviluppa un senso di sé confuso, vago ed indeterminato: lo stile
di attaccamento è ambiguo e confuso.
Le emozioni su cui egli fa perno,nella percezione immediata degli eventi (conoscenza
tacita), non sono le emozioni di base (come la paura e la curiosità ovvero la tristezza
e la disperazione), ma le “self conscious emotions” (Colpa, disgusto, imbarazzo,
vergogna) (Guidano, 2010). Sono emozioni, queste che hanno bisogno di un avallo
cognitivo, per potere possedere validità.
La possibilità che il Sé possa acquisire una coerenza interno si incentra sul fare
riferimento al contesto esterno e, cioè, al giudizio positivo delle figure significative
che confermi e stabilizzi quanto percepito, sul Sé, in modo confuso e vago, dal
soggetto.
Il Sé, allora, si struttura all’interno di due polarità, ricorsivamente oscillanti, tra di
loro: da una parte, c’è la necessità di ricevere conferma ed approvazione dal
contesto esterno, dal giudizio favorevole ed avvalorante delle figure significative,
dall’altra, c’è il timore che si spinge fino ai massimi livelli, di poter essere intrusi
ovvero disconfermati, dalle stesse (Guidano, 1988).
Si avvera un contrasto di fondo, strutturale: se l’esposizione e l’intimità con gli altri
permette di strutturare pattern di esperienza immediata, stabili nel tempo, il
riordinamento di sé esplicito, come soggetto dotato di valore e di competenza, per
non poter essere messo in crisi e, quindi, poter acquisire valore di assolutezza, non
permette l’esercizio della critica, da parte altrui, postulando la riduzione, fin quasi
all’evitamento, della stessa esposizione e dell’intimità.
Il soggetto, quindi, fa fronte a tutto ciò tendendo a non esporsi troppo, per dare
minori occasioni possibili agli altri, significativi, di pronunciarsi su di lui.
La modalità della messa a fuoco di sé è, dunque, esterna (modalità outward”), con
sensibilità al contesto ( “field dipendent”, Witkin, 1949) e con accentuate capacità di
relazionamento.
Una tendenza centrale,in questo tipo di organizzazione, è quella al “perfezionismo”
ovvero alla “massimalità”,alla necessità,cioè, si riuscire ad ottenere, in tutti i contesti
,di vita, il massimo, fin da subito, senza dover passare attraverso fasi progressive di
miglioramento (Guidano, 2007).
Qualora si abbia una delusione, la gamma di esposizione e di confronto subisce un
ridimensionamento e l’attribuzione della causalità si svolge, allora, entro margini
piuttosto vaghi e non meglio definiti, fluttuanti.
L’Org. Dapica, scompensata, dà luogo a disturbi nel campo del comportamento
alimentare, a disturbi nel campo del gioco d’azzardo, ad abuso di sostanze
stupefacenti ed alcolici, a fenomeni di derealizzazione e depersonalizzazione, alle
diverse espressioni del disturbo bipolare (Merigliano, 2019).
IL TERAPEUTA COME PERTURBATORE STRATEGICAMENTE
ORIENTATO
Il T. è un perturbatore nel senso che il suo compito primario è quello di elicitare nel
paziente nuove ed impreviste emozioni, le quali, messe a confronto con le emozioni
delle quali il paziente è portatore, risultano essere tali da produrre uno squilibrio
emotivo-cognitivo ed un livello di discrepanza,di tale fatta da rendere necessario
un successivo processo di rielaborazione che conduca ad una ristrutturazione
della coerenza interna del sistema (Guidano, 2010 ).
Peraltro, il T. non è un semplice perturbatore che produce uno stato di scompenso e
Di squilibrio emotivo-cognitivo, ma un perturbatore che incanala ed irrigimenta le
discrepanze elicitate,secondo una strategia mirata e specifica, orientata riconnettere
quest’ultime all’interno dell’alveo dell’organizzazione di significato personale,
rintracciata nel paziente.
IL SINTOMO=Nell’ottica postrazionalista di V.Guidano, il sintomo non è visto
come il risultato di rappresentazioni non adeguate e funzionali, distorte, di sé e della
realtà, come per la terapia “standard, ”bensì come l’esito di aspetti di sé non
decodificati adeguatamente che fanno riferimento all’interfaccia tra conoscenza
implicita ovvero di primo livello e conoscenza esplicita ovvero di secondo livello.
Essi rappresentano una fonte di informazione importante per il terapeuta in quanto gli
consentono di indirizzare l’attenzione, in modo più mirato, verso la particolare
organizzazione di significato personale che caratterizza il paziente.
IL CAMBIAMENTO
Nella psicoterapia post-razionalista di V.Guidano, appaiono essere due le fonti del
cambiamento:
1.La prima è data dallo squilibrio emotivo-cognitivo e dalla discrepanza che si
produce nel paziente a causa delle spiegazioni fornite dal terapeuta ovvero dalle
modalità con le quali lo stesso terapeuta riformula i problemi del paziente;
2.La seconda si fonda sul tipo di relazione (Relazione terapeutica) che viene a
formarsi nel rapporto tra terapeuta e paziente o, più esattamente, nel livello di
coinvolgimento emozionale che si origina all’interno di detta relazione.
ORGANIZZAZIONI INWARD ED OUTWARD
A.ORGANIZZAZIONE INWARD= L’orientamento del soggetto, con detto tipo
di organizzazione, è tale che egli, nel provvedere a mantenere la propria coerenza
interna e l’unità del Sé, si volge verso l’ambiente, nel senso di modificarlo per
renderlo compatibile e consono, rispetto alle sue caratterizzazioni emotive, di base.
Egli avverte come primario ciò che sente:in ragione di ciò,la messa a fuoco si svolge,
nel senso che egli si sforza di adattare la realtà esterna alla propria realtà interna,
costituita alle proprie emozioni basiche(Paura, tristezza, disperazione, rabbia).
E’ ciò che Guidano definisce, anche, medesimezza (“sameness”).
Alle organizzazioni di tipo INWARD, appartengono l’Organizzazione Fobica e
l’Organizzazione Depressiva.
ORGANIZZAZIONE OUTWARD= Nelle organizzazioni OUTWARD, la messa a
fuoco esperenziale si svolge con riferimento verso l’esterno: il soggetto si sintonizza
con punti di riferimento esterni, nel processo di strutturazione del Sé.
Egli cerca di modificare la propria realtà interna, per renderla consona e conforme
a quella esterna.
Prevalgono non le emozioni di base, primarie, ma quelle secondarie, derivate come
vergogna, colpa, orgoglio, disgusto che compaiono più tardi nel processo di sviluppo.
Le organizzazioni Outward sono quella Ossessiva e quella Dapica.
E’ ciò che Guidano definisce come “ipseità”.
ORGANIZZAZIONI FIELD-DIPENDENTE E FIELD-INDIPENDENT
A.ORGANIZZAZIONI FIELD-DIPENDENT= Si tratta di quella classe di
organizzazioni di significato personale, all’interno delle quali il soggetto elabora e
struttura le proprie esperienze emotivo-cognitive, sotto l’ influsso e sotto il
della propria realtà interna.
Egli non è autonomo, nel senso di far derivare esclusivamente dal suo interno la
costruzione della propria coerenza interna e dell’identità del Sé, ma risente, in via
prioritaria dei prodotti dal contesto esterno che lo influenzano, direttamente, nel
percorso, di raggiungimento della coerenza interna e dell’unità del Sé.
Egli dipende, appunto, da detto contesto esterno.
Tali organizzazioni sono l’Organizzazione Fobica e quella Dapica.
B.ORGANIZZAZIONI FIELD-INDIPENDENT= Si tratta delle organizzazioni di
significato personale, all’interno dell quali, il soggetto è ancorato prevalentemente
alle proprie informazioni emotivo-cognitive, al proprio modo interno, nel dare
significato alle esperienze tacite.
Il contesto esterno non è tale da modificare ed alterare i suoi convincimenti che si
originano e si strutturano sulla stretta adesione a criteri e principi che egli possiede,
al proprio interno, rappresentati dalle informazioni emotivo-cognitive, di base, che
lo connotano.
Espressioni di organizazioni field-indipendent, sono l’Organizzazione Depressiva e
quella Ossessiva.
LE FASI DELLA PSICOTERAPIA POST-RAZIONALISTA , DI GUIDANO
La prima fase della psicoterapia post-razionalista, si compone di due parti:
A.RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA DELLO SCOMPENSO;
B.RIFORMULAZIONE DEL PROBLEMA;
A. RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA DELLO SCOMPENSO
Nei primi colloqui, dopo un’anamnesi di tipo generalizzato, il T. procede alla
ricostruzione della dinamica del problema, lamentato dal paziente, individuando
uno o più eventi specifici, correlati a vissuti emotivi, avvertiti come discrepanti,
all’interno dei quali è stato percepito lo scompenso.
Tutto ciò avviene attraverso una messa a fuoco di tutte le variabili contestuali,
presenti al momento dei fatti, considerati.
L’analisi delle modalità precipue, contestuali, all’interno del quale si origina lo
scompenso, si completa, con l’inserimento del sintomo, all’ interno di un contesto,più
ampio, più allargato,rappresentativo della fase di vita attuale attraversata dal paziente.
Tramite detta ricostruzione, il paziente inizia ad assimilare, a rendersi conto, della
discrepanza tra ciò che egli avverte e percepisce e la spiegazione di ciò che finora
egli ha elaborato.
B.RIFORMULAZIONE DEL PROBLEMA
Riveste aspetto di fondamentale importanza la presa in esame,da parte del paziente
che la fonte causativa del problema possa non risiedere all’esterno di sé (“Locus of
control”, esterno, Rotter), ma all’interno di sé (“Locus of control”, interno) ovvero
sia correlata alle particolari dinamiche con cui egli organizza e struttura il suo
rapporto con la realtà.
Il compito del T. è quello di fare acquisire al paziente la consapevolezza che lo
squilibrio, lo scompenso che quest’ultimo percepisce, è di origine interna, dovuto, in
via esclusiva, alla perturbazione originatasi dal fatto che le tonalità emotivo-affettive
che connotano la sua conoscenza tacita, non vengono adeguatamente riconosciute
e spiegate a livello del secondo tipo di conoscenza, quella esplicita.
Il problema lamentato cessa di essere indecifrabile ed incomprensibile perchè
proveniente da fonte esterna, a lui inaccessibile, ed il paziente inizia ad avvertire che
egli può essere in grado di fare fronte ad esso.
2 FASE-INTERNALIZZAZIONE DEL SINTOMO
E’ la fase che segue la ricostruzione della dinamica dello scompenso e la
riformulazione del problema.
In essa, il paziente su indicazione del terapeuta, provvede a ricostruire, in modo
attivo, il proprio senso di coerenza sistemica.
Tutto ciò avviene tramite la produzione di lavori scritti, da fare a casa,( homework)
nei quali egli riporta, su argomenti da indagare, concordati con il terapeuta, quanto
da lui vissuto e percepito, nell’interfaccia tra l’esperire e lo spiegare e le eventuali
discrepanze che si originano all’interno del processo dialettico che si attua tra i due
poli della conoscenza, polo immediato o conoscenza tacita, di primo livello, e polo
mediato o conoscenza logico-esplicativa, di secondo livello.
Successivamente, gli esiti dei resoconti svolti dal paziente, tramite la tecnica della
moviola, vengono sottoposti, in seduta a sequenzializzazione.
Tutto ciò avviene tramite la ricostruzione dettagliata dei contesti specifici, all’interno
dei quali, si origina lo scompenso e la riconnessione di quanto emerge da questa
analisi, con altri episodi e contesti problematici, caratterizzanti la vita attuale del
paziente, nei quali quest’ultimo svolge il ruolo di attore degli stessi fatti ed episodi.
Vengono, messe a fuoco le criticità emotive, sperimentate dal paziente, negli episodi
sottoposti ad indagine, per permettere allo stesso di pervenire ad una migliore e più
adeguata decodifica dei suoi vissuti problematici e per consentirgli di accedere ad
una diversa rilettura degli eventi secondo un punto di vista, nuovo e diverso, rispetto
quello al quale fino a quel momento, il paziente aveva avuto accesso.
Il paziente accede, così, in senso ben definito, ad internalizzare i propri sintomi: il
miglioramento ottenuto nell’ambito della propria capacità di riordino della propria
dell’esperienza, all’interno dell’interfaccia tra l’esperire e lo spiegare, porta con sé
un’articolazione più complessa e completa della propria organizzazione di significato
personale.
Il paziente sperimenta il senso di un’aumentata “agency” ovvero la capacità di
influenzare la realtà con la sua propria attività (Bandura,1980) all’interno di quella
organizzazione di significato personale che gli è propria e che fornisce al suo Sé
coerenza, continuità ed unicità
3. FASE= LA TECNICA DELLA MOVIOLA
E’ centrale che il paziente decodifichi, all’interno dell’evento problematico, che cosa
egli avverte e come si spiega ciò che percepisce.
Si rende necessario, a tal fine che egli sperimenti, l’emergere di attivazioni emotive
perturbatrici tramite le quali egli possa iniziare a vedersi diversamente dal solito ed
a riorganizzare le proprie esperienze su criteri differenti.
La modalità per mezzo della quale tutto ciò può essere ottenuto è l’utilizzo della
tecnica della moviola.
La moviola consiste nell’autoosservazione, guidata dal T., del rapporto esistente tra
l’esperire e lo spiegare, svolta all’interno degli episodi in cui il paziente ha percepito
criticità emotive.
Il suo fulcro, il suo “focus”, è la sequenzializzazione dell’esperienza correlata al
riconoscimento delle diverse attivazioni emotive, in corso
Occorre specificare che essa, più che una tecnica specifica, è una modalità
operativa, costante e centrale,che attraversa tutto il processo di cura, un vero e
proprio strumento terapeutico (MERIGLIANO, 2019)
Essa comprende le seguenti fasi.
Un episodio viene suddiviso in più unità sceniche, ognuna delle quali è composta da
eventi, azioni e reazioni e da stati emotivi interni (Frame).
Il T. sta attento a che il paziente immetta, nella sua ricostruzione, il maggior numero
di fattori che caratterizzano il contesto in cui si svolge l’episodio.
Gli esiti dell’utilizzazione della tecnica della moviola, sono i seguenti:
A. Il paziente si rende edotto,per via emotiva,della differenza che esiste tra la propria
conoscenza tacita e quella esplicita (Guidano, 1991);
B. Il paziente acquisisce la capacità di riconoscere e di riferire a sé tonalità emotive
prima trascurate o escluse dalla propria coscienza;
C. Si ha un incremento, nel paziente, della capacità di flessibilità e di articolazione,
del suo sistema conoscitivo, fornendo allo stesso paziente i mezzi per rielaborare e
ristrutturare il suo sistema interno in stretta adesione e coerenza con la specifica
organizzazione di significato personale che lo caratterizza;
D. Il paziente acquisisce, ancora, la capacità di vedere se stesso e gli altri,da più punti
di vista (Competenza metacognitiva; Cantelmi, 2009).
4.RICOSTRUZIONE DELLO STILE AFFETTIVO
In questa ulteriore fase, il T.si volge a rintracciare lo stile affettivo del paziente
ovverosia ad individuare le modalità specifiche tramite le quali questi struttura
struttura i propri legami di attaccamento, in linea con la sua personale coerenza di
significato.
Tutto ciò avviene ricostruendo le tre fasi che costituiscono il rapporto affettivo:
A.FORMAZIONE= E’ la fase in cui il rapporto ha inizio e prende forma;
B.MANTENIMENTO= E’ la fase in cui il rapporto si stabilizza;
ROTTURA= E’ l’ultima fase, in cui il rapporto cessa di esistere.
Per ognuna di queste fasi, il T. passa ad analizzare episodi emblematici che vengono
sequenzializzati in moviola :l’obbiettivo è quello di rendere il paziente edotto di
quali siano le invarianti essenziali che contraddistinguono il suo stile affettivo.
Detta fase dura, in genere, da tre a sei mesi.
All’interno di questa fase, si realizza, da un lato, nel paziente, una rielaborazione,
graduale e progressiva, della sua esperienza immediata, dall’altro, si produce,
all’interno del suo sistema conoscitivo, una ristrutturazione, un “reframing”,
progressivo, (MERIGLIANO, ibidem), degli accadimenti che lo hanno visto come
protagonista.
5. RICOSTRUZIONE DELLA STORIA DI SVILUPPO
E’ l’ultima parte della psicoterapia post-razionalista, di Guidano.
Detta, ultima fase, è rappresentata dalla ricostruzione della storia di vita del paziente
e viene svolta solo se è richiesta espressamente da quest’ultimo, sotto l’influsso
di una sua piena e convinta motivazione.
E’, infatti, una fase che può innescare, nel suo riportarsi, ad episodi del passato più
lontano del paziente (Prima infanzia e prima adolescenza), perturbazioni emotive
anche molto forti perché riguardanti il suo vissuto, profondo.
Per questo motivo, è preferibile attuarla dopo che è stata già oltrepassata la fase
inerente allo stile affettivo del paziente e dopo che il terapeuta abbia ha acquisito la
certezza che il soggetto non accusi più sintomi psicopatologici.
Essa può durare dai tre (3) ai sei (6) mesi.
Il terapeuta aiuta il paziente a riguardarsi all’indietro, molto lontano nel tempo, fino
a partire dai ricordi legati ai primi anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il paziente identifica i fatti e gli episodi, più significativi, per lui, e li rivive, sotto
la guida del terapeuta, sempre tramite la loro sequenzializzazione, con la metodica
metodica della moviola. trovando, nel paziente, un soggetto ormai molto qualificato
per questa ricognizione.
In presenza di punti critici, emergenti all’interno delle scene selezionate, all’interno
dell’episodio d’insieme, il terapeuta opera un rallentamento dell’immagine, fino a
fermarsi del tutto, per più tempo sul punto critico ed analizzarlo a fondo, insieme al
paziente, per comprendere la dinamica svolgentesi tra l’esperire (Conoscenza tacita) e
lo spiegare (Conoscenza logica)
Il T. chiede al paziente, da una parte, come si senta in quel momento, quali pensieri,
sensazioni, percezioni, lo afferrino, (l’esperire) e dall’altra parte, come spieghi tutto
ciò che prova, nella veste di osservatore esterno che decodifica tale esperire presente
( Lo spiegare).
Ciò che cambia è il fatto che il paziente che il paziente è ormai un esperto, in tale tipo
di decodifica, e che quindi la può affrontare, co maggiore padronanza e completezza.
Tutto ciò conduce il paziente ad una nuova formulazione (Riformulazione) delle sue
reali problematiche, afferenti agli episodio, dell’infanzia e dell’adolescenza, ricordati,
(anche in diretto contrasto con le sue interpretazione consolidate e strutturate, degli
stessi)) e con l’elicitazione di nuove e diverse chiavi interpretative.
Le nuove emergenze emotive , direttamente legate a quest’introiezione di un
cambiamento di prospettiva, consentono al paziente di riorganizzare l’esperienza di
sé e del mondo, su basi più ampie ed allargate, grazie all’acquisizione di dati,
riguardanti i suoi primi periodi di vita, fino ad allora ignoti al soggetto .
Si accresce la sua apertura e la flessibilità, nel portare lo sguardo ai meccanismi,
profondi, interni di funzionamento mentale che dall’inizio lo hanno caratterizzato
vengono fuori punti di vista sul proprio Sé, più articolati e dotati di maggiore
completezza.
E’ possibile, così, per il paziente certificare, in modo netto, definitivo ed ultimativo,
la presenza e l’azione di dati del proprio Sé, invarianti, in quanto strutturalmente
legati alla di significato personale che, principalmente, lo connotano e che spiegano
l’unicità e la continuità della propria esperienza.
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