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Alvisi Achille

LA PSICOTERAPIA POSTRAZIONALISTA DI VITTORIO GUIDANO

Updated: Nov 28, 2020


Nel saggio del 1980, di Michel Mahoney, intitolato “Psychotherapy of Personal

Revolutions”, nella seconda parte, di esso, lo psicoterapeuta americano, muoveva

sei punti di critica,alla psicoterapia cognitiva,cosidetta “standard” (Semerari, 2002).

Tra i più importanti, ve ne erano tre (3):

A.La psicoterapia “standard” assegna un ruolo determinante al pensiero, con un’

insufficiente considerazione degli aspetti emotivi, considerati come sottoprodotto del

pensiero;

B.Essa si rifà a valutazioni dei processi cognitivi basati su un modello sensoriale,

comportamentale, della mente, e non prospettando la stessa come motore attivo del

cambiamento, secondo quanto andavano affermando di essa, i nuovi approcci

costruttivistici(“Teoria motoria della mente”, Weimer, 1977);

B.Nella psicoterapia standard, la relazione terapeutica svolge un ruolo di supporto,

nei confronti dell’azione di cura:essa viene considerata come funzione del processo

terapeutico, non avendo, in sé e per sé, valore terapeutico, autonomo, fondante, alla

stessa stregua pari delle altre strutture terapeutiche, di base. Essa riveste, inoltre, un

ruolo pedagogico e normativo, di tipo persuasivo, non esplicativo.

Successivamente alla presa di posizione di Mahoney, si fa sempre più strada,

nell’orizzonte psicoterapeutico,l’esigenza di andare fino in fondo, nello scandagliare

i limiti rilevati dallo psicoterapeuta americano.

Così, all’interno dell’alveo cognitivo-comportamentale, si assiste allo sviluppo di

approcci terapeutici più prettamente cognitivistici, che nel ribadire il primato del

soggetto quale costruttore attivo della realtà, rivalutano il ruolo e la funzione della


relazione terapeutica nonché l’importanza delle emozioni quali fattori,

fondamentali e determinanti di cambiamento (Mahoney, 1980, Liotti, 1983, Reda &

Mahoney,1984,Markus, 1977, Lakoff,1987).

Tra di essi un ruolo di primaria importanza è rivestito dall’approccio post-razionalista

di V.Guidano, così come definito dal suo fondatore (Guidano, 1987).

Guidano critica alla radice, a livello epistemologico, il concetto di realtà e di

conoscenza così come presente nella psicoterapia cognitivo-comportamentale

cosidetta “standard”.

Per essa, la realtà è vista come costituita da un ordine esterno, oggettivo, univoco,

immutabile ed universale, nel quale è riposto il significato delle cose.

La conoscenza viene ad essere concepita come una rappresentazione che si

configura come una riproduzione più o meno contigua e prossima a detto ordine.

Lo stesso rapporto osservatore/realtà osservata è concepito in modo statico,asettico

ed oggettivizzato ed è tale, per cui

Nell’ottica “postrazionalista”, di Guidano, la realtà non è vista come un ordine

esterno, univoco,immutabile, oggettivo,valido per tutti alla stessa maniera, ma come

un incessante fluire, un continuo movimento,multidimensionale ed a più livelli :come

un “multiversum” e non un “universum” (V.Maturana, 1985).

Chi osserva non è separato, asetticamente, dalla realtà che osserva, ma è coinvolto

in essa, e la modifica introducendo un ordine che prima non esisteva.

La conoscenza, per Guidano, non è una rappresentazione della realtà, il più vicino

ed il più aderente, possibile, ad un ordine esterno, immutabile, oggettivo e valido per

tutti, ma un processo di autocostruzione del soggetto, in cui tutto ciò che viene


osservato; essa, prima di darci informazioni sulla realtà esterna, ci fornisce

informazioni essenziali sulle caratteristiche strutturali di chi osserva.

Più esattamente, la conoscenza è un processo di costruzione di significato, di tipo

autoreferenziale, con delle proprie leggi interne,che si basa sulle modalità specifiche

tramite le quali il soggetto esplica il rapporto costante e dialettico, tra la propria

esperienza immediata e l’immagine cosciente che, di ciò, viene data.

Per Guidano la conoscenza è costituita da due ordini di fattori: il primo, è il livello

di esperienza immediata, il sentirsi vivere ed il sentirsi nel mondo, il secondo

è l’immagine cosciente di sé tramite la quale il soggetto si riferisce e si spiega questo

sentirsi vivere, questo suo percepirsi, nel mondo.

Il primo ordine di fattori è definito da Guidano conoscenza tacita o di primo livello, il

secondo, conoscenza esplicita o di secondo livello.

Più esattamente, la conoscenza “tacita” o “di primo livello”, è preverbale ed

immediata, di essa, il soggetto ha scarsa consapevolezza (Polany, 1966,1969); essa

ha come oggetto, i contenuti senso-percettivi, senso-motori, emozionali, i ricordi, i

sentimenti, insomma tutto ciò che non corrisponde ad una decodificazione, di tipo

logico, secondaria.

Essa risponde alla domanda: ”che cosa proviamo e come lo proviamo?”.

E’ tutto ciò W.James, aveva chiamato l’”Io” ( W.James,1890, V.Guidano, 1991).

La conoscenza esplicita o di “secondo livello”, è, invece, logico-discorsiva, analitica

e spiega e decodifica, in termini logici, discorsivi, quanto percepito, in termini

immediati, nella conoscenza tacita:essa risponde alla domanda:“perchè noi proviamo

tutto ciò che proviamo?”.


E’ ciò che W.James aveva denominato, come il “Me” (W.James; ibidem; Guidano,

ibidem).

La conoscenza tacita e la conoscenza esplicita si trovano, tra di loro, in un rapporto

interdipendente e dialettico che dura l’intera esistenza.

All’interno di questo rapporto, giocano un ruolo fondamentale, le emozioni.

Infatti, i due concetti centrali, fondamentali, che rappresentano il fulcro della

psicoterapia post-razionalista, e,cioè, il significato personale e le organizzazioni di

significato personale, trovano la loro spiegazione e giustificazione sulla base del

primato dei processi personali emotivi su quelli logici, discorsivi, del pensiero

Per significato personale, in Guidano, è da intendersi la modalità tipicizzante con

cui viene ordinata l’esperienza, onde poter rendere consistente e stabile tutto ciò che

emerge dal processo dialettico tra i due livelli conoscitivi, sopra riferiti, al fine di

mantenere, rispettivamente, la coerenza interna e l’identità del Sé.

Esso è da considerarsi come il nucleo centrale che perimetra il tipo di coerenza

sistemica alla quale ogni organizzazione di significato personale è in obbligo di

riferirsi, durante l’intero ciclo di vita (Merigliano, 2019).

Con le parole stesse, di Guidano, (Guidano, 1992), il significato personale è “la

processualità, proattiva, progettuale, in un costante ordinamento di reti di eventi

significativi variamente correlati tra di loro, che porta avanti un’esperienza di sé e

del mondo (“I”) specificatamente riconoscibile come unitarietà e continuità del

proprio “Sé” nel tempo (“Me”)”.

L’Organizzazione di significato personale è una modalità relativamente stabile nel

tempo tramite la quale il soggetto conferisce unitarietà ai processi che concorrono


all’elaborazione del significato personale, in modo tale che egli possa mantenere la

propria coerenza interna ed il suo senso di unicità personale, al di là delle

trasformazioni che caratterizzano il suo ciclo di vita.

Essa non è un’entità categoriale, contraddistinta da specifici contenuti conoscitivi,

ma una modalità strutturante di conoscenza, caratterizzata da una certa forma, e

da certi meccanismi e proprietà, interni.

Essa è la struttura organizzativa dell’esperienza che presiede alle modalità proprie e

specifiche del soggetto tramite le quali egli fa fronte alle perturbazioni emotive

provenienti dal contesto interpersonale e le trasduce in elementi informativi,

significativi, per il suo ordine interno, dentro un quadro di coerenza.

Le Organizzazioni di significato personale sono quattro (4):fobica, depressiva, dapica

ed ossessiva.

ORGANIZZAZIONE FOBICA

L ’Organizzazione di significato personale “fobica”, si origina, nel soggetto a partire

da un eccesso di eccesso di legame con le figure genitoriali, accudienti, che, nei suoi

confronti, manifestano comportamenti eccessivamente iperpremurosi e/o troppo

protettivi, iperprotettivi.

L’emozione che domina su tutte le altre è la paura, la paura della realtà: il bambino

avverte tutto ciò che è nuovo e diverso come pericoloso,come qualcosa da scansare

e da evitare, da sfuggire, da non sperimentare e da non provare.

Il soggetto sente se stesso come soggetto fragile ed indifeso che necessità di

qualcuno vicino a lui che gli assicuri protezione e sicurezza.

Il tipo di attaccamento è insicuro-evitante (coercitivo) e resistente alla separazione


o ambivalente.

L’unità organizzativa si basa su di un equilibrio dinamico, sempre da riconquistare,

tra le due seguenti tonalità emotive, polari: da una parte, la paura, conseguente

all’avvertito bisogno di protezione da una realtà esterna, considerata come fonte di

pericoli, dall’altra,la curiosità,facente capo al suo bisogno di libertà e d’indipendenza.

L’eccessiva vicinanza alla figura protettiva provoca scompenso dovuto a costrizione;

d’altra parte, l’eccessiva libertà conduce ugualmente a scompenso perchè non è

associata a senso di autonomia e di sicurezza, garantito soltanto dalla vicinanza con

figure significative.

Le procedure di controllo si incentrano sulla prevenzione ed evitamento di situazioni

che minaccino il fondamentale senso di sicurezza e di protezione del soggetto e che

siano tali da causare livelli di perturbazione emotiva, giudicati non tollerabili dallo

stesso.

L’attitudine del soggetto, con organizzazione fobica è orientata all’ipercontrollo delle

emozioni e sensazioni che vengono da lui percepite come eventi esterni al Sé e,

quindi, come fonti di pericolosità, da disattivare.

La lettura dei propri stati emotivi, interni, è di natura fisica, corporea e sensoriale e

tende a sfociare in esiti di “somatizzazione organica”.

ORGANIZZAZIONE DEPRESSIVA

Se nell’O.F, il problema si origina da un surplus di protettività e di custodia, nei primi

anni di vita, nell’organizzazione di significato personale depressiva si verifica

esattamente il contrario. Il problema si origina, a partire da un deficit di cura, di

attenzione, di attaccamento, delle figure genitoriali nei confronti del bambino.


Il bambino percepisce negli atteggiamenti e comportamenti delle figure accudienti

una completa mancanza di attenzione, di interesse, di cura, di coinvolgimento, di

presa in carico di quelli che sono i suoi bisogni primari, affettivi.

A ragione di ciò, il bambino tende ad inibire le richieste di cura e di attenzione verso

i “caregivers” perchè è certo che esse non verranno corrisposte ed agisce in modo

tale da evitare di esternare le proprie emozioni tanto in senso positivo che negativo.

Lo stile di attaccamento è evitante.

Il suo modo di pensare si struttura su aspettative di rifiuto e di abbandono, da parte

del mondo esterno: il sentimento di sé si radica sulla propria incapacità di suscitare

interesse, attenzione e cura, negli altri ed è quello di persona sola ed allo stesso

tempo, indegna, non amabile.

A livello tacito, egli percepisce il suo rapporto con la realtà come perdita e fallimento

(Io); a livello esplicito, si spiega tutto ciò come dovuto esclusivamente alla propria

incapacità e negatività, con attribuzione causale, interna (Me).

Questo tipo di decodificazione rappresenta l’unica modalità di autoregolazione, di

base, tramite la quale egli è in grado di mantenere una propria coerenza interna.

Non potendo aspettare nulla, da parte degli altri, egli matura la convinzione che

tutto ciò che sarà da lui ottenuto sarà possibile ottenerlo solo in virtù di

un’attivazione personale ed autonoma.

Da qui, il senso molto accentuato di autonomia che lo caratterizza tale da farlo

pervenire, anche, ad esiti di “fiducia compulsiva in se stesso”.Le polarità emotive di

base entro le quali si agglomerano le altre emozioni sono quelle di disperazione

e di rabbia; la tristezza, come percezione dell’abbandono, la rabbia come reazione a


che il senso della perdita non diventi destabilizzante.

Tutte le altre emozioni, si agglomerano e trovano significatività, attorno a queste

due.

Nell’arco della vita diventa costante e strutturale, la tendenza a reagire con tristezza

e rabbia ad eventi discrepanti, anche di valore circoscritto, che vengono decodificati

, massimizzando la percezione di abbandono; tutto ciò si verifica, in particolare, nel

rapporto con le figure significative e nei rapporti affettivi, con le persone dell’altro

sesso.

Per evitare le possibili esperienze di perdita, il soggetto tende a minimizzare il

proprio coinvolgimento affettivo, fino a poterlo negare, nello stesso momento in cui

lo sta sperimentando.

In presenza di livelli di astrazione e sequenzialità, non adeguati,si possono instaurare

varie forme di scompenso: sindromi forti, di depressione, scoppi d’ira incontrollati,

stati psicotici di persecuzione.

Ed ancora: atteggiamenti sociopatici, dipendenza da alcool e da sostanze, tipi di

comportamento, fortemente autolesivi fino al suicidio (Merigliano, 2019).

ORGANIZZAZIONE OSSESSIVA

Nell’O.ossessiva, si afferma l’ambivalenza del vincolo.

Il bambino recepisce il comportamento, delle figure genitoriali, nei suoi confronti

come intrinsecamente ambivalente e contraddittorio.

Così, se il padre e la madre dapprima, si mostrano nei suoi confronti, gentili e pieni

di attenzioni, proferendo parole dolci, nei suoi confronti e facendogli carezze

affettuose, sulla guancia, e, subito dopo, mutano, di botto, registro comportamentale,


assumendo atteggiamenti e/o comportamenti punitivi, passando a rimbrotti ed a

rimproveri, anche aspri, il bambino percepisce tutto ciò come non comprensibile e

direttamente contraddittorio.

Egli inizia a strutturare un senso di sé ambivalente e dicotomico, all’interno di

un’esperienza immediata vissuta, simultaneamente, entro due contesti interpretativi,

nei quali, l’uno esclude l’altro.

Sotto un primo aspetto, egli avverte e percepisce se stesso come “buono e degno

di amore”; sotto il secondo aspetto, all’opposto, egli si riconosce come “non buono

e non degno di amore”.

Si struttura, così, in lui, la crescente necessità, in rapporto agli eventi, di acquisire

la sicurezza e la certezza che debba essere la parte di lui positiva ad avere la meglio,

sull’altra, negativa.

Il dubbio che così non si verifichi ed al tempo stesso, la necessità impellente di

acquisire dati confermativi, in tal senso, finiscono per costituire la sua tematica

problematica, di fondo.

La sua caratteristica predominante,diventa,così, l’esercizio del dubbio sistematico,

dubbio, inteso all’acquisizione di quel senso di sicurezza,che,solo,gli può permettere

permettere il controllo della realtà.

Ogni carenza inerente al bisogno assoluto di certezza è avverta come perdita totale

di controllo della realtà e può presentarsi in modo tale da innescare ed elicitare

sensazioni, percezioni, immagini e pensieri intrusivi che il soggetto non è in grado di

spiegarsi e che egli tenderà a sperimentare come qualcosa proveniente dall’esterno,

, dando origine a specifiche forme di scompenso (Più prevalentemente, disturbi di


tipo-ossessivo-compulsivo).

ORGANIZZAZIONE DAPICA

Nella organizzazione dapica, gli atteggiamenti ed i comportamenti delle figure

genitoriali, nei confronti del bambino, sono caratterizzati da ambiguità e mancanza

di trasparenza, da controllo e da formalità che prevalgono sulla tenerezza e sul

calore affettivo.

Il rapporto è di tipo “invischiato”,a motivo del quale, non si ha demarcazione di limiti

tra i componenti familiari e si determina “intrusività”, cioè un accesso del familiare,

non giustificato,dentro gli stati interni del bambino che impedisce,di fatto,il formarsi

e lo strutturarsi di un’ emotività e di un’affettività, libera ed autonoma, da parte

di quest’ultimo.

A partire da questo tipo di rapporto, il bambino non è in grado di riconoscere i

propri stati interni e sviluppa un senso di sé confuso, vago ed indeterminato: lo stile

di attaccamento è ambiguo e confuso.

Le emozioni su cui egli fa perno,nella percezione immediata degli eventi (conoscenza

tacita), non sono le emozioni di base (come la paura e la curiosità ovvero la tristezza

e la disperazione), ma le “self conscious emotions” (Colpa, disgusto, imbarazzo,

vergogna) (Guidano, 2010). Sono emozioni, queste che hanno bisogno di un avallo

cognitivo, per potere possedere validità.

La possibilità che il Sé possa acquisire una coerenza interno si incentra sul fare

riferimento al contesto esterno e, cioè, al giudizio positivo delle figure significative

che confermi e stabilizzi quanto percepito, sul Sé, in modo confuso e vago, dal

soggetto.


Il Sé, allora, si struttura all’interno di due polarità, ricorsivamente oscillanti, tra di

loro: da una parte, c’è la necessità di ricevere conferma ed approvazione dal

contesto esterno, dal giudizio favorevole ed avvalorante delle figure significative,

dall’altra, c’è il timore che si spinge fino ai massimi livelli, di poter essere intrusi

ovvero disconfermati, dalle stesse (Guidano, 1988).

Si avvera un contrasto di fondo, strutturale: se l’esposizione e l’intimità con gli altri

permette di strutturare pattern di esperienza immediata, stabili nel tempo, il

riordinamento di sé esplicito, come soggetto dotato di valore e di competenza, per

non poter essere messo in crisi e, quindi, poter acquisire valore di assolutezza, non

permette l’esercizio della critica, da parte altrui, postulando la riduzione, fin quasi

all’evitamento, della stessa esposizione e dell’intimità.

Il soggetto, quindi, fa fronte a tutto ciò tendendo a non esporsi troppo, per dare

minori occasioni possibili agli altri, significativi, di pronunciarsi su di lui.

La modalità della messa a fuoco di sé è, dunque, esterna (modalità outward”), con

sensibilità al contesto ( “field dipendent”, Witkin, 1949) e con accentuate capacità di

relazionamento.

Una tendenza centrale,in questo tipo di organizzazione, è quella al “perfezionismo”

ovvero alla “massimalità”,alla necessità,cioè, si riuscire ad ottenere, in tutti i contesti

,di vita, il massimo, fin da subito, senza dover passare attraverso fasi progressive di

miglioramento (Guidano, 2007).

Qualora si abbia una delusione, la gamma di esposizione e di confronto subisce un

ridimensionamento e l’attribuzione della causalità si svolge, allora, entro margini

piuttosto vaghi e non meglio definiti, fluttuanti.


L’Org. Dapica, scompensata, dà luogo a disturbi nel campo del comportamento

alimentare, a disturbi nel campo del gioco d’azzardo, ad abuso di sostanze

stupefacenti ed alcolici, a fenomeni di derealizzazione e depersonalizzazione, alle

diverse espressioni del disturbo bipolare (Merigliano, 2019).

IL TERAPEUTA COME PERTURBATORE STRATEGICAMENTE

ORIENTATO

Il T. è un perturbatore nel senso che il suo compito primario è quello di elicitare nel

paziente nuove ed impreviste emozioni, le quali, messe a confronto con le emozioni

delle quali il paziente è portatore, risultano essere tali da produrre uno squilibrio

emotivo-cognitivo ed un livello di discrepanza,di tale fatta da rendere necessario

un successivo processo di rielaborazione che conduca ad una ristrutturazione

della coerenza interna del sistema (Guidano, 2010 ).

Peraltro, il T. non è un semplice perturbatore che produce uno stato di scompenso e

Di squilibrio emotivo-cognitivo, ma un perturbatore che incanala ed irrigimenta le

discrepanze elicitate,secondo una strategia mirata e specifica, orientata riconnettere

quest’ultime all’interno dell’alveo dell’organizzazione di significato personale,

rintracciata nel paziente.


IL SINTOMO=Nell’ottica postrazionalista di V.Guidano, il sintomo non è visto

come il risultato di rappresentazioni non adeguate e funzionali, distorte, di sé e della

realtà, come per la terapia “standard, ”bensì come l’esito di aspetti di sé non

decodificati adeguatamente che fanno riferimento all’interfaccia tra conoscenza

implicita ovvero di primo livello e conoscenza esplicita ovvero di secondo livello.


Essi rappresentano una fonte di informazione importante per il terapeuta in quanto gli

consentono di indirizzare l’attenzione, in modo più mirato, verso la particolare

organizzazione di significato personale che caratterizza il paziente.

IL CAMBIAMENTO

Nella psicoterapia post-razionalista di V.Guidano, appaiono essere due le fonti del

cambiamento:

1.La prima è data dallo squilibrio emotivo-cognitivo e dalla discrepanza che si

produce nel paziente a causa delle spiegazioni fornite dal terapeuta ovvero dalle

modalità con le quali lo stesso terapeuta riformula i problemi del paziente;

2.La seconda si fonda sul tipo di relazione (Relazione terapeutica) che viene a

formarsi nel rapporto tra terapeuta e paziente o, più esattamente, nel livello di

coinvolgimento emozionale che si origina all’interno di detta relazione.

ORGANIZZAZIONI INWARD ED OUTWARD

A.ORGANIZZAZIONE INWARD= L’orientamento del soggetto, con detto tipo

di organizzazione, è tale che egli, nel provvedere a mantenere la propria coerenza

interna e l’unità del Sé, si volge verso l’ambiente, nel senso di modificarlo per

renderlo compatibile e consono, rispetto alle sue caratterizzazioni emotive, di base.

Egli avverte come primario ciò che sente:in ragione di ciò,la messa a fuoco si svolge,

nel senso che egli si sforza di adattare la realtà esterna alla propria realtà interna,

costituita alle proprie emozioni basiche(Paura, tristezza, disperazione, rabbia).

E’ ciò che Guidano definisce, anche, medesimezza (“sameness”).

Alle organizzazioni di tipo INWARD, appartengono l’Organizzazione Fobica e

l’Organizzazione Depressiva.


ORGANIZZAZIONE OUTWARD= Nelle organizzazioni OUTWARD, la messa a

fuoco esperenziale si svolge con riferimento verso l’esterno: il soggetto si sintonizza

con punti di riferimento esterni, nel processo di strutturazione del Sé.

Egli cerca di modificare la propria realtà interna, per renderla consona e conforme

a quella esterna.

Prevalgono non le emozioni di base, primarie, ma quelle secondarie, derivate come

vergogna, colpa, orgoglio, disgusto che compaiono più tardi nel processo di sviluppo.

Le organizzazioni Outward sono quella Ossessiva e quella Dapica.

E’ ciò che Guidano definisce come “ipseità”.

ORGANIZZAZIONI FIELD-DIPENDENTE E FIELD-INDIPENDENT

A.ORGANIZZAZIONI FIELD-DIPENDENT= Si tratta di quella classe di

organizzazioni di significato personale, all’interno delle quali il soggetto elabora e

struttura le proprie esperienze emotivo-cognitive, sotto l’ influsso e sotto il

della propria realtà interna.

Egli non è autonomo, nel senso di far derivare esclusivamente dal suo interno la

costruzione della propria coerenza interna e dell’identità del Sé, ma risente, in via

prioritaria dei prodotti dal contesto esterno che lo influenzano, direttamente, nel

percorso, di raggiungimento della coerenza interna e dell’unità del Sé.

Egli dipende, appunto, da detto contesto esterno.

Tali organizzazioni sono l’Organizzazione Fobica e quella Dapica.

B.ORGANIZZAZIONI FIELD-INDIPENDENT= Si tratta delle organizzazioni di

significato personale, all’interno dell quali, il soggetto è ancorato prevalentemente

alle proprie informazioni emotivo-cognitive, al proprio modo interno, nel dare


significato alle esperienze tacite.

Il contesto esterno non è tale da modificare ed alterare i suoi convincimenti che si

originano e si strutturano sulla stretta adesione a criteri e principi che egli possiede,

al proprio interno, rappresentati dalle informazioni emotivo-cognitive, di base, che

lo connotano.

Espressioni di organizazioni field-indipendent, sono l’Organizzazione Depressiva e

quella Ossessiva.

LE FASI DELLA PSICOTERAPIA POST-RAZIONALISTA , DI GUIDANO

La prima fase della psicoterapia post-razionalista, si compone di due parti:

A.RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA DELLO SCOMPENSO;

B.RIFORMULAZIONE DEL PROBLEMA;

A. RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA DELLO SCOMPENSO

Nei primi colloqui, dopo un’anamnesi di tipo generalizzato, il T. procede alla

ricostruzione della dinamica del problema, lamentato dal paziente, individuando

uno o più eventi specifici, correlati a vissuti emotivi, avvertiti come discrepanti,

all’interno dei quali è stato percepito lo scompenso.

Tutto ciò avviene attraverso una messa a fuoco di tutte le variabili contestuali,

presenti al momento dei fatti, considerati.

L’analisi delle modalità precipue, contestuali, all’interno del quale si origina lo

scompenso, si completa, con l’inserimento del sintomo, all’ interno di un contesto,più

ampio, più allargato,rappresentativo della fase di vita attuale attraversata dal paziente.

Tramite detta ricostruzione, il paziente inizia ad assimilare, a rendersi conto, della

discrepanza tra ciò che egli avverte e percepisce e la spiegazione di ciò che finora


egli ha elaborato.

B.RIFORMULAZIONE DEL PROBLEMA

Riveste aspetto di fondamentale importanza la presa in esame,da parte del paziente

che la fonte causativa del problema possa non risiedere all’esterno di sé (“Locus of

control”, esterno, Rotter), ma all’interno di sé (“Locus of control”, interno) ovvero

sia correlata alle particolari dinamiche con cui egli organizza e struttura il suo

rapporto con la realtà.

Il compito del T. è quello di fare acquisire al paziente la consapevolezza che lo

squilibrio, lo scompenso che quest’ultimo percepisce, è di origine interna, dovuto, in

via esclusiva, alla perturbazione originatasi dal fatto che le tonalità emotivo-affettive

che connotano la sua conoscenza tacita, non vengono adeguatamente riconosciute

e spiegate a livello del secondo tipo di conoscenza, quella esplicita.

Il problema lamentato cessa di essere indecifrabile ed incomprensibile perchè

proveniente da fonte esterna, a lui inaccessibile, ed il paziente inizia ad avvertire che

egli può essere in grado di fare fronte ad esso.

2 FASE-INTERNALIZZAZIONE DEL SINTOMO

E’ la fase che segue la ricostruzione della dinamica dello scompenso e la

riformulazione del problema.

In essa, il paziente su indicazione del terapeuta, provvede a ricostruire, in modo

attivo, il proprio senso di coerenza sistemica.

Tutto ciò avviene tramite la produzione di lavori scritti, da fare a casa,( homework)

nei quali egli riporta, su argomenti da indagare, concordati con il terapeuta, quanto

da lui vissuto e percepito, nell’interfaccia tra l’esperire e lo spiegare e le eventuali


discrepanze che si originano all’interno del processo dialettico che si attua tra i due

poli della conoscenza, polo immediato o conoscenza tacita, di primo livello, e polo

mediato o conoscenza logico-esplicativa, di secondo livello.

Successivamente, gli esiti dei resoconti svolti dal paziente, tramite la tecnica della

moviola, vengono sottoposti, in seduta a sequenzializzazione.

Tutto ciò avviene tramite la ricostruzione dettagliata dei contesti specifici, all’interno

dei quali, si origina lo scompenso e la riconnessione di quanto emerge da questa

analisi, con altri episodi e contesti problematici, caratterizzanti la vita attuale del

paziente, nei quali quest’ultimo svolge il ruolo di attore degli stessi fatti ed episodi.

Vengono, messe a fuoco le criticità emotive, sperimentate dal paziente, negli episodi

sottoposti ad indagine, per permettere allo stesso di pervenire ad una migliore e più

adeguata decodifica dei suoi vissuti problematici e per consentirgli di accedere ad

una diversa rilettura degli eventi secondo un punto di vista, nuovo e diverso, rispetto

quello al quale fino a quel momento, il paziente aveva avuto accesso.

Il paziente accede, così, in senso ben definito, ad internalizzare i propri sintomi: il

miglioramento ottenuto nell’ambito della propria capacità di riordino della propria

dell’esperienza, all’interno dell’interfaccia tra l’esperire e lo spiegare, porta con sé

un’articolazione più complessa e completa della propria organizzazione di significato

personale.

Il paziente sperimenta il senso di un’aumentata “agency” ovvero la capacità di

influenzare la realtà con la sua propria attività (Bandura,1980) all’interno di quella

organizzazione di significato personale che gli è propria e che fornisce al suo Sé

coerenza, continuità ed unicità


3. FASE= LA TECNICA DELLA MOVIOLA

E’ centrale che il paziente decodifichi, all’interno dell’evento problematico, che cosa

egli avverte e come si spiega ciò che percepisce.

Si rende necessario, a tal fine che egli sperimenti, l’emergere di attivazioni emotive

perturbatrici tramite le quali egli possa iniziare a vedersi diversamente dal solito ed

a riorganizzare le proprie esperienze su criteri differenti.

La modalità per mezzo della quale tutto ciò può essere ottenuto è l’utilizzo della

tecnica della moviola.

La moviola consiste nell’autoosservazione, guidata dal T., del rapporto esistente tra

l’esperire e lo spiegare, svolta all’interno degli episodi in cui il paziente ha percepito

criticità emotive.

Il suo fulcro, il suo “focus”, è la sequenzializzazione dell’esperienza correlata al

riconoscimento delle diverse attivazioni emotive, in corso

Occorre specificare che essa, più che una tecnica specifica, è una modalità

operativa, costante e centrale,che attraversa tutto il processo di cura, un vero e

proprio strumento terapeutico (MERIGLIANO, 2019)

Essa comprende le seguenti fasi.

Un episodio viene suddiviso in più unità sceniche, ognuna delle quali è composta da

eventi, azioni e reazioni e da stati emotivi interni (Frame).

Il T. sta attento a che il paziente immetta, nella sua ricostruzione, il maggior numero

di fattori che caratterizzano il contesto in cui si svolge l’episodio.

Gli esiti dell’utilizzazione della tecnica della moviola, sono i seguenti:

A. Il paziente si rende edotto,per via emotiva,della differenza che esiste tra la propria


conoscenza tacita e quella esplicita (Guidano, 1991);

B. Il paziente acquisisce la capacità di riconoscere e di riferire a sé tonalità emotive

prima trascurate o escluse dalla propria coscienza;

C. Si ha un incremento, nel paziente, della capacità di flessibilità e di articolazione,

del suo sistema conoscitivo, fornendo allo stesso paziente i mezzi per rielaborare e

ristrutturare il suo sistema interno in stretta adesione e coerenza con la specifica

organizzazione di significato personale che lo caratterizza;

D. Il paziente acquisisce, ancora, la capacità di vedere se stesso e gli altri,da più punti

di vista (Competenza metacognitiva; Cantelmi, 2009).

4.RICOSTRUZIONE DELLO STILE AFFETTIVO

In questa ulteriore fase, il T.si volge a rintracciare lo stile affettivo del paziente

ovverosia ad individuare le modalità specifiche tramite le quali questi struttura

struttura i propri legami di attaccamento, in linea con la sua personale coerenza di

significato.

Tutto ciò avviene ricostruendo le tre fasi che costituiscono il rapporto affettivo:

A.FORMAZIONE= E’ la fase in cui il rapporto ha inizio e prende forma;

B.MANTENIMENTO= E’ la fase in cui il rapporto si stabilizza;

ROTTURA= E’ l’ultima fase, in cui il rapporto cessa di esistere.

Per ognuna di queste fasi, il T. passa ad analizzare episodi emblematici che vengono

sequenzializzati in moviola :l’obbiettivo è quello di rendere il paziente edotto di

quali siano le invarianti essenziali che contraddistinguono il suo stile affettivo.

Detta fase dura, in genere, da tre a sei mesi.

All’interno di questa fase, si realizza, da un lato, nel paziente, una rielaborazione,


graduale e progressiva, della sua esperienza immediata, dall’altro, si produce,

all’interno del suo sistema conoscitivo, una ristrutturazione, un “reframing”,

progressivo, (MERIGLIANO, ibidem), degli accadimenti che lo hanno visto come

protagonista.

5. RICOSTRUZIONE DELLA STORIA DI SVILUPPO

E’ l’ultima parte della psicoterapia post-razionalista, di Guidano.

Detta, ultima fase, è rappresentata dalla ricostruzione della storia di vita del paziente

e viene svolta solo se è richiesta espressamente da quest’ultimo, sotto l’influsso

di una sua piena e convinta motivazione.

E’, infatti, una fase che può innescare, nel suo riportarsi, ad episodi del passato più

lontano del paziente (Prima infanzia e prima adolescenza), perturbazioni emotive

anche molto forti perché riguardanti il suo vissuto, profondo.

Per questo motivo, è preferibile attuarla dopo che è stata già oltrepassata la fase

inerente allo stile affettivo del paziente e dopo che il terapeuta abbia ha acquisito la

certezza che il soggetto non accusi più sintomi psicopatologici.

Essa può durare dai tre (3) ai sei (6) mesi.

Il terapeuta aiuta il paziente a riguardarsi all’indietro, molto lontano nel tempo, fino

a partire dai ricordi legati ai primi anni dell’infanzia e dell’adolescenza.

Il paziente identifica i fatti e gli episodi, più significativi, per lui, e li rivive, sotto

la guida del terapeuta, sempre tramite la loro sequenzializzazione, con la metodica

metodica della moviola. trovando, nel paziente, un soggetto ormai molto qualificato

per questa ricognizione.

In presenza di punti critici, emergenti all’interno delle scene selezionate, all’interno


dell’episodio d’insieme, il terapeuta opera un rallentamento dell’immagine, fino a

fermarsi del tutto, per più tempo sul punto critico ed analizzarlo a fondo, insieme al

paziente, per comprendere la dinamica svolgentesi tra l’esperire (Conoscenza tacita) e

lo spiegare (Conoscenza logica)

Il T. chiede al paziente, da una parte, come si senta in quel momento, quali pensieri,

sensazioni, percezioni, lo afferrino, (l’esperire) e dall’altra parte, come spieghi tutto

ciò che prova, nella veste di osservatore esterno che decodifica tale esperire presente

( Lo spiegare).

Ciò che cambia è il fatto che il paziente che il paziente è ormai un esperto, in tale tipo

di decodifica, e che quindi la può affrontare, co maggiore padronanza e completezza.

Tutto ciò conduce il paziente ad una nuova formulazione (Riformulazione) delle sue

reali problematiche, afferenti agli episodio, dell’infanzia e dell’adolescenza, ricordati,

(anche in diretto contrasto con le sue interpretazione consolidate e strutturate, degli

stessi)) e con l’elicitazione di nuove e diverse chiavi interpretative.

Le nuove emergenze emotive , direttamente legate a quest’introiezione di un

cambiamento di prospettiva, consentono al paziente di riorganizzare l’esperienza di

sé e del mondo, su basi più ampie ed allargate, grazie all’acquisizione di dati,

riguardanti i suoi primi periodi di vita, fino ad allora ignoti al soggetto .

Si accresce la sua apertura e la flessibilità, nel portare lo sguardo ai meccanismi,

profondi, interni di funzionamento mentale che dall’inizio lo hanno caratterizzato

vengono fuori punti di vista sul proprio Sé, più articolati e dotati di maggiore

completezza.

E’ possibile, così, per il paziente certificare, in modo netto, definitivo ed ultimativo,


la presenza e l’azione di dati del proprio Sé, invarianti, in quanto strutturalmente

legati alla di significato personale che, principalmente, lo connotano e che spiegano

l’unicità e la continuità della propria esperienza.



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